Emilia Romagna: scarichi di acque industriali senza autorizzazione, la Cassazione respinge il ricorso
Con l’ordinanza n. 24337 del 17 maggio 2017, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da chi era stato condannato per aver effettuato scarichi di acque reflue industriali in assenza della prescritta autorizzazione, ai sensi degli artt. 124 e 137, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006.
In particolare, il ricorrente sosteneva che:
– lo scarico delle acque meteoriche di dilavamento non costituisse reato, dal momento che la regione (l’Emilia-Romagna) non aveva emanato alcun atto normativo attuativo della disciplina di cui all’art. 113, D.Lgs. n. 152/2006, in base al quale le Regioni hanno la facoltà di disciplinare i casi in cui le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne debbano essere convogliate e trattate in impianti di depurazione, ove vi sia il rischio di dilavamento di sostanze pericolose da superfici esterne impermeabili;
– nel caso di specie non era corretta l’assimilazione tra le acque reflue industriali e le acque meteoriche di dilavamento, dal momento che non vi era stata alcuna prova del contatto tra le acque meteoriche e le sostanze inquinanti che avrebbero così mutato la natura giuridica del corpo idrico.
Secondo la Cassazione
La suprema Corte ha qualificato da subito come “reflui industriali” le acque provenienti dal dilavamento dei piazzali dell’impresa ricorrente, poiché le “acque meteoriche” sarebbero solamente quelle che – cadendo al suolo – non subiscono alcuna contaminazione con inquinanti e non anche quelle che sono modificate a seguito della contaminazione con sostanze presenti nei piazzali: in questo senso, quindi, le acque meteoriche contaminate sono assimilate ai reflui industriali ai sensi dell’art. 74, lettera h), D.Lgs. n. 152/2006, risultando del tutto irrilevante il fatto che la regione non abbia ancora disciplinato lo scarico delle acque meteoriche di dilavamento, poiché la condotta integra il reato di scarico non autorizzato di reflui industriali.
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